Magritte è un artista molto particolare, oserei dire fuori dal comune e allo stesso tempo dotato di grande genialità: le sue opere sono conosciute in tutto il mondo e rimangono impresse nelle menti degli osservatori per la loro “stranezza”.
Chi di noi non ha mai visto, almeno una volta, un’opera di Magritte senza provare stupore e senza capire il vero significato della stessa?
Magritte racconta alcuni episodi della sua infanzia che hanno molto influenzato la visione della vita.
Una cassa posta vicino alla sua culla, che scaturì in lui una grande curiosità e la percezione che qualcosa di misterioso potesse essere racchiuso all’interno: è un po’ come il nostro armadio, come luogo del mistero, che spesso ci terrorizzava molto da bambini.
Voi giocavate al parco da piccoli? Magritte no, lui giocava in un cimitero con una ragazzina della sua età. Si divertiva a visitare le cripte, entrando di nascosto, e inoltre rimase fortemente colpito nel vedere un pittore che cercava dipingere quel luogo e le aree circostanti. Egli lo vedeva come un supereroe,che riusciva a rappresentare quel luogo così misterioso.
Non possiamo dire che questi sono gli unici motivi per i quali Magritte fa una scelta artistica differente ai suoi contemporanei, ma di certo possiamo considerarli un punto di partenza.
Ovviamente un’infanzia particolare e un grande ingegno non sono elementi sufficienti per parlare di vero e proprio artista: è necessaria una certa abilità nella tecnica pittorica, che a Magritte di certo non mancava.
Egli, però, non aveva uno studio e non perdeva molto tempo nella realizzazione dei suoi dipinti: anzi, una volta riflettuto su ciò che voleva rappresentare, preferiva recarsi al bar con gli amici e dedicarsi alla pittura il giorno successivo.
Magritte non vive per la pittura, tantomeno per quella degli altri: si racconta che pur di non andare a vedere una mostra di un suo contemporaneo si inventò una scusa molto frivola e preferì ubriacarsi in una caffetteria nelle vicinanze, aspettando che la moglie e i suoi amici finissero di vedere l’esposizione.
L’arte è incapace di rappresentare la vita nella sua immediatezza. Secondo Magritte tutti i cosiddetti realisti e impressionisti che dichiarono di rappresentare la realtà o la percezione della stessa compiono tentativi vani ed inutili.
La vita stessa dell’uomo è avvolta nel mistero: ci sono cose,riguardo la nostra esistenza, che sono misteriose, imperscrutabili. Cose che cerchiamo di prevedere, di semplificare ma che in realtà non capiremo mai fino in fondo. Come può un artista spendere la propria vita per rappresentare qualcosa che non conosce nemmeno fino in fondo? L’arte deve essere disinteressata, libera da qualsiasi vincolo e deve giocare sul mistero, sulla casualità e sull’incoscio.
Magritte è un pittore di idee e di concetti: egli, in tutte le sue opere, inserisce un contrasto, che dà uno spunto di riflessione, che ci fa vedere la realtà sotto un altro aspetto.
Ricorderete sicuramente la celebre opera “La Trahison des images”, un olio su tela contenuto a Los Angeles ma la cui immagine si è diffusa in tutto il mondo, sollevando critiche e parodie di ogni genere.
Magritte dipinge l’immagine di una pipa e vi aggiunge la frase contrastante “Cecì n’est pas una pipe” (questa non è una pipa) e si giustifica dicendo che effettivamente se si prova a riempirla e ad accenderla ci si accorge che non è una pipa.
O il famoso “Impero delle luci”, contenuto all’interno della collezione Peggy Guggheneim a Venezia (qui il sito!), dove la parte inferiore del dipinto rappresenta una strada di sera, con tanto di lampioni accesi e un’abitazione immersa nell’oscurità, mentre nella parte superiore si apre un sereno cielo di giorno.
Vogliamo parlare de “La riproduzione vietata”, che si trova attualmente a Rotterdam, dove ancora una volta egli scardina qualsiasi nostra certezza, rappresentando uno specchio che riflette solo l’immagine del libro senza riflettere il volto dell’individuo che si sta specchiando,e che noi ci aspetteremmo di vedere.
Le opere di Magritte sono davvero tante e ad alcune di essere dedicherò altri articoli per approfondirle al meglio.
Concluderei con “La chiaroveggienza”, contenuta in una collezione privata.
Magritte fa un autoritratto di sé stesso mentre dipinge un volatile: non sembrerebbe esserci niente di strano, non è il primo né l’ultimo che compie autoritratti. In realtà, prestando bene attenzione, ci si accorge di un contrasto: l’oggetto che Magritte sembra intento a copiare è un uovo, non un volatile.
Significa quindi che Magritte oltre a limitarsi a dipingere se stesso riesce a rappresentare anche il processo mentale che precede la realizzazione di un’opera. L’uovo è la realtà che egli osserva; il volatile è il prodotto della riflessione (vista come evoluzione, dall’uovo nasce il volatile non a caso) che l’artista compie sull’oggetto che vuole rappresentare.
Non ci sono commenti da aggiungere per descrivere la genialità di questo artista, che si commenta da sola.
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