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21/03/17

Magritte e lo stupro


Il tema dello stupro è, ahimè, molto attuale ed è piuttosto complesso da esporre.
Viene molto spesso considerato un tabù, molti decidono di non esprimersi al riguardo.
Non si può dire lo stesso di Magritte, il quale, come sappiamo, amava far riflettere gli osservatori attraverso le proprie opere.


La sua opera "Lo stupro" (1935), appartenente ad una collezione privata, creò molto scalpore all'epoca. Venne considerata da molti un' opera di cattivo gusto, con riferimenti sessuali troppo espliciti.
Sicuramente anche voi, come me, l'avrete vista almeno una volta (in qualche rivista, sul web o sul libro di arte a scuola) e molto probabilmente avrete anche riso.
Come si fa a concepire logicamente un viso i cui occhi sono sostituiti dal seno, il naso non è altro che un ombelico e il pube viene messo al posto della bocca?
Tutto ciò è assolutamente strano, anormale, va contro ogni nostra concezione di ritratto.
Un'opera fuori dalla norma e molti penseranno "Magritte è pazzo". Sì forse lo era, ma in realtà di quest'opera si cela un significato molto profondo, che solo un uomo con un ingegno fuori dalla norma poteva ideare.
Magritte definisce l'amore puro come un perfetto equilibrio tra volto e corpo. Attraverso gli occhi e l'espressione entriamo in relazione con l'altro, dimostriamo il nostro interesse.


Ma il vero atto d'amore fisico si consuma attraverso la fisicità, il corpo.
Se Magritte avesse voluto rappresentare l'amore avrebbe quindi realizzato un normale ritratto, in cui viso e corpo sono complementari.
Lo stupro invece è qualcosa di malato, qualcosa che sconvolge questo equilibrio. L'atto sessuale viene posto prima di tutto, e prescinde dal fatto che l'altro possa essere consenziente.
Non è altro che una violazione: il corpo viola l'importanza del volto, si sostituisce ad esso, rendendo accecato, sordo e muto l'oggetto sessuale, che perde interamente la sua dignità, la sua individualità.