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16/02/17

Villa Foscarini Rossi: un magico tour tra meravigliosi affreschi e calzature che hanno fatto la storia







Lungo le sponde di un naviglio, nell’area conosciuta come Riviera del Brenta, vi sono moltissime ville, abitate in passato dai nobili veneziani nei periodi di villeggiatura (solitamente da maggio a settembre). Tra di esse, nella cittadina di Stra, emerge villa Foscarini Rossi, realizzata su modello palladiano. 
Apprezzata da un pubblico per certi aspetti distinto, ossia coloro che amano l'arte e quelli invece più indirizzati verso la moda, Villa Foscarini è carica di una componente culturale non indifferente.
Lascia, a mio parere, una bella esperienza, data dal continuo "mischiarsi" di passato e presente, che la rende una edificio "vissuto".
La villa ha due nomi, che si riferiscono a due dei tre proprietari che si sono susseguiti negli anni.
Jacopo Foscarini, appartenente alla nobile famiglia veneziana dei Foscarini, nel 1599 fece costruire la villa padronale, sfruttando i suoi possedimenti in quest’area, che consistevano in una piccola casa rurale e un orticello. In un secondo momento i suoi successori si occuparono di edificare l’altro non meno importante edificio, la Foresteria.
Rossi invece è il nome della famiglia che attualmente abita nel complesso, la quale dedica villa e Foresteria, rispettivamente al museo della calzatura e a vari eventi, (congressi, matrimoni…ecc.). Tra questi spicca la figura di Luigino Rossi, che è stato proprietario per lungo tempo del noto calzaturificio Rossimoda, una delle aziende leader in Riviera per fatturato e livelli qualitativi raggiunti. Egli ha permesso il restauro che ha riportato la villa all’antico splendore.


struttura attuale della villa

La struttura della villa al tempo dei Foscarini ci è rimasta grazie all’incisione di Gian Francesco Costa,nella quale riconosciamo gli elementi tipici dello stile dell’architetto Vincenzo Scamozzi, allievo del celebre Andrea Palladio. Sulla facciata si erge un pronao piuttosto ampio, costituito da colonne e capitelli, caratterizzati dal colore bianco che trasmette purezza e candore.

Affiancate al pronao si aprono due imponenti scalinate che consentivano l’accesso al piano nobiliare (primo piano). Le scale sono state però eliminate nel momento in cui la villa passò di proprietà alla famiglia veronese dei Negrelli nell’800. I Negrelli infatti, arrivando in carrozza, decidono di aggiungere, per motivi puramente pratici, due spazi laterali, prediligendo quindi l’ingresso al piano terra.



Sul tetto si ergono quattro pinnacoli che simboleggiano lo stato di Jacopo Foscarini: egli era capitano della flotta marittima veneziana, e aveva vinto un’importantissima battaglia a Corfù contro i turchi. Questi pinnacoli, ripresi sia posteriormente che anteriormente, celebrano la presenza di un vero e proprio eroe della Serenissima tra i membri della famiglia.




La Foresteria, invece, è stata attribuita all’architetto veneziano Francesco Contin.
Essa nasce innanzitutto come barchessa, quindi deposito di attrezzi agricoli, e solo in un secondo momento viene riservata ai “foresti”, ossia gli ospiti (da qui il nome Foresteria)
Proprio all’interno di quest’ultima possiamo ammirare il meraviglioso Salone delle feste, interamente affrescato nel 1652 per volontà di Alvise Foscarini, allo scopo di celebrare il matrimonio del figlio avvenuto un anno prima.




Nel Salone lavorano due importanti artisti dell’epoca: Domenico de Brunis (Brescia, fine del XVI secolo- Brascia,1666), il cui nome è ricordato in un cartiglio sul soffitto della sala, e Pietro Liberi (Padova,1605- Venezia, 1687). Il primo appartenente alla scuola prospettica bresciana: è opera sua il trompe l'oeil che colpisce subito l'occhio dell'osservatore. Egli utilizza degli escamotage per conferire alla sala una maggiore estensione sia in larhezza che in altezza, dando l'illusione di uno spazio più ampio rispetto a quello reale. De Brunis utilizza la ripetizione di elementi uguali, in questo caso colonne decorate con capitelli compositi, che si susseguono secondo le leggi prospettiche.
Sul soffitto, leggermente bombato, si apre invece una terrazzina dipinta su tutti e quattro i lati, caratterizzata da colonne dette “fuggenti”. Queste ultime presentano due caratteristiche singolari: hanno la medesima lunghezza, nonostante ai nostri occhi appaiano differenti, e la loro inclinazione cambia a seconda del punto di vista dell’osservatore.
All’interno di queste finte strutture architettoniche lavora invece Pietro Liberi, il quale dipinge rispettivamente l’allegoria della guerra, sul lato destro rispetto all’ingresso; l’allegoria della pace,
sul lato opposto; infine la celebrazione delle virtù dei Foscarini, sulla parte centrale del soffitto. Tutte le opere di Liberi, contenute all’interno del Salone, richiedono un’interpretazione: ogni elemento raffigurato possiede un significato altro rispetto a quello che palesemente si vede.


Il protagonista dell’allegoria della guerra è il dio Marte, nelle vesti di soldato, che scende al di sopra di una nuvola e viene bloccato da tre donne. Quella di spalle, completamente nuda, è Verità (l’emblematica “nuda verità “nominata da molti poeti).
Alla sua sinistra, in ginocchio, c’è Dottrina, una donna più anziana rispetto alle altre, ben vestita. Ella tiene vicino ai piedi un libro, strumento di diffusione per eccellenza della dottrina, e uno scettro con un sole sulla cima, nonché la luce della conoscenza che prevale sulle tenebre dell’ignoranza.
L’ultima donna, abbracciata al dio Marte, è Eloquenza: ella tiene in mano un orologio, riferimento celato all’ordine temporale che le parole devono seguire affinché possano essere efficaci. 
L’intento delle donne è quello di persuadere Marte a non combattere nella battaglia rappresentata sullo sfondo: il messaggio complessivo dell’allegoria, meglio espresso nel ramo dell’albero spezzato (in alto a destra), è che la guerra porta distruzione.
La battaglia in realtà, forse un chiaro riferimento a quella di Corfù precedentemente nominata, avrebbe avuto un esito positivo: lo si può osservare nell’atteggiamento del dio Marte che sembra quasi rassicurare le tre donne, ma soprattutto dal simbolo in basso a destra dell’aquila, ossia il bene, che prevale sulla serpe, il male.


Dalla parte opposta è dipinta la seconda allegoria, quella della pace. Si riconosce a colpo d’occhio Verità, sempre completamente nuda, al di sopra di una scalinata, che si volge in questo caso verso l’osservatore. A fianco a lei vi sono due figure femminili: Teoria, sullo scalino più alto, e Pratica. Teoria si può riconoscere per due motivi: la giovinezza, come sinonimo di immortalità (non a caso se una teoria è vera è destinata a durare in eterno); e il compasso posto sulla testa, con le punte rivolte verso l’alto, che richiama la lettera greca theta, iniziale di teoria. Allo stesso modo Pratica, più anziana poiché legata all’esperienza e alla materialità, presenta un compasso con le punte rivolte verso il basso, per richiamare il pi greco.
Teoria e pratica sono le premesse per la fioritura della arti che avviene in tempo di pace e che viene rappresentata al di sotto di un edificio architettonico: riconosciamo la pittura, la scultura, l’astronomia, l’astrologia, la musica e molte altre.



Se si alza lo sguardo si nota un ampio affresco che celebra le virtù della famiglia Foscarini. Le figure in questo caso sono disposte a cerchio: quella più importante, che sta al di sopra di un globo e tiene su una mano il sole e sull’altra la luna, è Eternità. Abbiamo poi Ospitalità, rappresentata da una donna che tiene tra le braccia una cornocopia con del cibo; lo Splendore del nome, ossia un uomo barbuto che tiene su una mano una facella accesa (chiaro riferimento allo splendore) e sull’altra il bastone delle virtù (nonché il famosissimo bastone di Ercole).Segue Fama, la più singolare e ricca di significati: è rappresentata da una donna alata che tiene su una mano una tromba, con l’intento di richiamare l’attenzione e diffondere in questo modo il nome dei Foscarini, e sull’altra una corona d’alloro, pianta sempreverde, quindi augurio all’immortalità della fama stessa. Il tutto si chiude con Virtù, una donna che tiene in mano tre corone, due d’alloro e una d’oro.Infine si possono notare gli stemmi delle famiglie (rispettivamente quello dei Foscarini e di altre tre famiglie ad essi alleate) al di sopra delle due porte principali, e i busti dipinti degli antenati, al di sopra delle finestre.
Probabilmente la famiglia voleva che anche gli antenati potessero assistere alla cerimonie che si celebravano all’interno del salone. 


Spostando l'attenzione all'altro ambiente, ossia la villa padronale, troviamo quindici sale dedicate interamente al museo della calzatura, con oltre 1500 modelli. Aperto al pubblico per la prima volta nel 1995, la famiglia Rossi, al tempo proprietaria del noto calzaturificio Rossimoda, lo allestì con l'intento di esporre gli ultimi sessant'anni della propria produzione.
Rossimoda nasce come azienda familiare con Narciso Rossi, il quale si era precedentemente formato presso il calzaturificio di Luigi Voltan, tornato nel 1898 dagli Stati Uniti con nuove tecniche di produzione e nuovi macchinari da impiegare in ambito calzaturiero.
Nel 1956 il figlio, Luigino Rossi inizia a lavorare all'interno dell'azienda di famiglia: grazie alla sua creatività e manualità nel 1963 firma il suo primo contratto di licenza con il famosissimo stilista Yves Saint Lauren. Da qui iniziarono le moltissime collaborazioni con i più importanti stilisti (Christian Dior, Emilio Pucci, Calvin Klein, Givenchy...), alle quali sono dedicate le numerose sale del museo.
Nel 2003 il gruppo finanziario internazionale del lusso (LVMH) acquista l'azienda Rossimoda e l'interno complesso (villa padronale e foresteria).
Una sala particolarmente interessante è quella dedicata alle origini delle calzature: si va da un piccolo sandalo datato 400 a.C.-200 d.C, alle calzature in broccato, decorate a mano, del 1200. Queste ultime furono realizzate dai Calegheri (da calighe,sandali romani), ossia i "calzolai", che nascono come arte e corporazione in età medievale per poi affiancarsi ai nobili, in cerca di un guadagno assicurato. I più intraprendenti decidono di stabilirsi in questa zona, dopo la caduta della Serenissima, sfruttando il fiume Brenta per lo scambio delle merci e dei materiali. Come afferma Luigini Rossi in una intervista rilasciata qualche anno fa, facendo riferimento a Napoleone, "nel 1807, durante la sua permanenza in Villa Pisani a Stra,..... l'imperatore affida i suoi stivali preferiti, alquanto malconci, a uno scarparo della Riviera affinchè li sistemi; e rimane alquanto soddisfatto del lavoro, visto che paga profumatamente il valente artigiano.




Comunicazioni pratiche👌 

orari di apertura:Da lunedì a giovedì: 9:00 - 13:00 // 14:00 - 18:00
il venerdì dalle 9:00-13:00 // 14:00-17:00
Sabato, domenica e festivi: 14:30 - 18:00 solo visite guidate
Pasquetta, 25 aprile, 1 maggio, 2 giugno: aperto dalle 14:30 alle 18:00
15 agosto e domeniche di agosto: chiuso

Nei mesi di gennaio, febbraio, marzo, novembre, dicembre:
Sabato, domenica e festivi: chiuso
Da Natale all’Epifania: chiusi

localizzazione e contatti:
via Doge Pisani 1/2
30039 Stra - Venezia - Italia
Tel +39 049 9801091
Fax 049 9801589
Email: infomuseo@villafoscarini.it 

PER ULTERIORI INFORMAZIONI ECCO IL LINK DEL SITO DEL MUSEO

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